La Scuola, Vaccino contro le guerre
Il 17 luglio 1998 a Roma veniva adottato il trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale (CPI).L'OPAM ricorda l'importante anniversario attraverso le parole della giurista Silvana Arbia, riconosciuta tra i pionieri della giustizia penale intern
Articolo-Intervista pubblicato sul giornale OPAM - Opera di Promozione dell'Alfabetizzazione nel Mondo
"Un premio per la pace deve essere investito per altre azioni a favore della pace". Inizia così la storia della Fondazione Silvana Arbia che - come già anticipato nell'editoriale del nostro Presidente - ha sposato il progetto Abbracciamoli tutti 4.0 che l'OPAM promuove in questo numero.
A raccontarci come è nata questa Fondazione e le ragioni del suo impegno, in particolare a favore dei bambini soldato, è proprio Silvana Arbia, riconosciuta tra i pionieri della giustizia penale internazionale, orgoglio della magistratura e della cultura giuridica italiane.
"Nel 2013 ero appena rientrata in Italia dopo aver svolto il mandato di Registrar (cancelliere) a capo dell'organo amministrativo della Corte penale internazionale (CPI), quando il Soroptimist International of Europe (SIE) - organizzazione femminile che ha come scopo di migliorare la vita delle donne attraverso la cooperazione internazionale, di cui il Soroptimist di San Marino è parte e che ha posto la mia candidatura per questo premio - mi ha conferito il Premio per la pace per il lavoro svolto in come procuratore presso il Tribunale penale internazionale dell'ONU per il Ruanda (TPIR) che ha perseguito e punito il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra commessi nel 1994: 35mila donne di diversa provenienza hanno ritenuto di assegnarlo a me riconoscendo essere esenziale per la pace assicurare la giustizia", racconta la magistrata.
Quel premio, tradotto in 20.000 euro, 1'8 novembre 2014 è diventato il primo mattone della Fondazione che porta il suo nome e che oggi è partner dell'OPAM per la realizzazione del progetto 2318.
IL DRAMMA DEI BAMBINI SOLDATO
Come ci spiega l'ex procuratrice, negli anni di esercizio del suo mandato, precisamente nel 2009, la CPI ha anche iniziato e concluso il primo processo su un crimine di guerra consistente nell'arruolamento e nell'uso di minori di età inferiore a quindici anni. "Così ho potuto constatare direttamente la situazione dei bambini reclutati da gruppi armati: drogati, addestrati alla violenza estrema e rifiutati dalle comunità di provenienza. Ho direttamente conosciuto l'entità dei danni subiti dalle vittime, con traumi irreversibili".
Sempre durante il suo mandato è stata emessa, inoltre, la prima sentenza di condanna dell'autore del crimine in questione, e la prima decisione nella storia della giustizia penale internazionale sulla riparazione alle vittime.
La Corte ha ritenuto che nel caso degli ex bambini soldato la riparazione consiste nel garantire loro l'educazione che gli è stata negata. Nessuna compensazione economica o di altra natura. L'unica via per riparare al danno subito dai bambini soldato, per restituire loro dignità e speranza, è la scuola.
Ecco perché l'impegno della Fondazione è volto ad "arginare e contrastare il grave rischio per la pace costituito dalla pratica illecita e criminale dell'uso dei
bambini nei conflitti armati, con interventi intesi alla prevenzione, unica possibilità per sottrarre minori vulnerabili alla distruzione fisica e psicologica che il trattamento riservato ai bambini soldato comporta. E la prevenzione non può prescindere da interventi educativi per i bambini e gli adulti che vivono accanto a loro, come la stessa sentenza ci suggerisce", sottolinea Arbia.
Da qui il contributo della Fondazione al progetto Abbracciamoli tutti 4.0, "un'esperienza che ci consente di estendere la nostra azione, lanciandoci in progetti più ambiziosi in partnership con l'OPAM, che da anni è impegnata a eliminare l'analfabetismo ritenuto causa principale dell'estrema povertà, e a promuovere l'educazione. Obiettivi condivisi dalla nostra Fondazione, e in linea con la prima decisione emessa dalla Corte penale internazionale nel primo processo, come già ricordato".
CONOSCIAMO IL FENOMENO
Usare minori nelle operazioni militari purtroppo è una pratica molto diffusa e in continua crescita. Oggi, 300.000 minori sono coinvolti in conflitti armati, in 55 Paesi; e la Repubblica Democratica del Congo è dove il fenomeno è maggiormente diffuso.
Infatti, "sono molto richiesti per il bassissimo costo rispetto a soldati adulti, per la facilità di manipolarli e di sottoporli a forme estreme di schiavitù. La completa rottura dei legami con le famiglie di origine ne rende estremamente difficile la reintegrazione nelle comunità di appartenenza che, proprio per la loro pericolosità, rifiutano di riammetterli tra loro. Nel caso delle bambine soldato, ai gravi danni fisici e psicologici causati a tutti i bambini, va aggiunto inoltre che sono sottoposte a violenze sessuali, matrimoni forzati, schiavitù sessuale, maternità precoce, e a rimanere a vita nel dominio dei capi militari in quanto considerate mogli, pertanto beni di assoluta proprietà degli stessi", spiega la magistrata.
"La realtà ci obbliga ad agire: la popolazione mondiale nel 2023 è aumentata di 66 milioni e a gennaio 2024 si stima aver raggiunto e superato di molto gli 8 miliardi. Una crescita che riguarda la parte della popolazione mondiale più sofferente: 1 miliardo di persone vive in zone dove esistono conflitti armati, spesso guerre civili; oltre 1 miliardo non ha ancora accesso ad acqua pulita; 250 milioni di bambini al mondo vivono in strada nel più completo abbandono; 1 milione e mezzo di essi non ha mai avuto accesso ad una scuola. Anche la pratica illecita e criminale di usare i bambini come soldati registra una preoccupante crescita".
Dati che scuotono pesantemente le coscienze e mostrano l'incapacità dei governi di attuare il piano per uno sviluppo sostenibile dal quale nessuno dovrebbe essere escluso, come proclamato nell'Agenda 2030 adottata dall'Assemblea generale dell'ONU nel 2015.
"Un divario tra due mondi pericoloso e minaccioso per la pace e la sicurezza di tutti, poiché i bambini soldato e i bambini che conoscono soltanto la violenza, l'emarginazione e il rifiuto diventano adulti e non esitano a usare le loro conoscenze e le loro competenze in operazioni distruttive, ovunque e contro chiunque", conclude l'ex procuratrice.
A TRENT'ANNI DAL MASSACRO
A proposito di violenze, a trent'anni esatti dai fatti dei Ruanda, Silvana Arbia ripercorre con noi cosa è successo dopo quei 100 giorni di atroci massacri e in che modo quegli eventi continuano a segnarla profondamente.
"Il ricordo d'obbligo sul piano umano e su quello professionale è l'evento occorso nella sera del 6 aprile 1994, in cui l'aereo che trasportava Juvénal Habyarimana, presidente del Ruanda, e Cyprien Ntaryamira, presidente del Burundi, fu abbattuto sopra Kigali, con avvio dell'esecuzione del piano genocidario che si opponeva a soluzioni di spartizione del potere prospettate negli Accordi di Arusha, per porre fine al conflitto armato tra il Fronte Patriottico Ruandese e il governo ruandese. Una data che, da un lato, mi unisce umanamente al popolo ruandese che la ricorda ogni anno onorando le vittime e rafforzando l'impegno per un futuro di riconciliazione e di pace; dall'altro mi ricorda le tantissime volte che a quella data si è fatto riferimento nello svolgimento delle indagini, nelle aule del TPIR, nelle testimonianze e negli atti processuali", spiega Arbia.
È l'inizio dei 100 giorni più atroci della storia moderna per massacri di civili Tutsi e Hutu moderati; secondo dati ufficiali, tra 800.000 e un milione di vittime, tasso quattro volte maggiore rispetto al culmine dell'Olocausto nazista, tenuto conto dell'entità della popolazione Tutsi presente all'epoca in Ruanda.
Il pensiero corre dunque a "tutti i momenti vissuti tra il Ruanda e la Tanzania, al servizio della giustizia penale internazionale per quasi 9 anni", che per la magistrata sono "memoria preziosa che compensa gli enormi sforzi spesi in solitudine, sostenuta solo dalla forte determinazione a non lasciare impunito alcuno dei responsabili di quell'orrore".
CAMMINANDO SI APRE IL CAMMINO
Dai tempi del Ruanda ad oggi la giustizia penale internazionale ha registrato una rapida evoluzione, anche se molte altre tappe evolutive sono prospettabili, essendo lo Statuto - come tutti i trattati internazionali - suscettibile di essere emendato e integrato.
Come ci spiega la magistrata: "dopo l'esperienza dei due Tribunali penali internazionali speciali, rispettivamente per il Ruanda e per l'ex Jugoslavia, istituiti dal Consiglio di sicurezza dell'ONU in base al Capitolo VII della Carta di questa organizzazione, il 17 luglio 1998 è stato firmato a Roma lo Statuto
(conosciuto come Statuto di Roma) costitutivo di una Corte penale internazionale (CPI) permanente, indipendente, basata su un Trattato, distinta dall'ONU".
La Corte, che diventerà operativa a partire dal 1°luglio 2002, esercita la sua giurisdizione sui crimini internazionali - genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e aggressione - commessi nei territori degli Stati parte e/o da cittadini di Stati parte.
"Si tratta di una giurisdizione complementare alle giurisdizioni nazionali che si attiva quando queste ultime non possono o non vogliono perseguire quei crimini, eliminando o almeno riducendo l'impunità di crimini gravissimi. Oggi 123 Stati hanno ratificato lo Statuto di Roma, al quale va il merito di aver introdotto un'importante innovazione che riguarda la partecipazione delle vittime nei processi e la loro possibilità di ottenere riparazione. Per la prima volta a livello internazionale"
Vittime, carnefici e crimini internazionali: le battaglie di una donna magistrato nel nome della giustizia
Mentre il mondo stava a guardare
di SILVANA ARBIA
Il libro racconta il genocidio del Ruanda e il cammino che la giustizia internazionale da allora ha fatto per combattere questi crimini. Lettura consigliata per approfondire l'argomento.